UN PONTE TRA GLI ABISSI

UN PONTE TRA GLI ABISSI

UN PONTE TRA GLI ABISSI

A volte, la grandezza di certe cose è nel loro essere un po’nascoste, incuneate tra le vette, quelle un po’ più appariscenti dell’Arte, musicale in generale, e quella precipuamente pianistica.

Vette rese tali proprio in virtù dei grandi effetti dinamici, delle e/videnti ( che si vedono fuori, che emergono) luci e ombre sonore poste in essere da animi sensibili e mani esperte e lavorate, quelle dei grandi pianisti che sapientemente ricreano il mondo del compositore: le stesse vette che il concertista predilige al fine di sfoggiare le proprie virtù, non necessariamente tecniche, compiacendo spesso il pubblico, ovviamente e giustamente pagante.

El arroyo de la sierra me complace mas que el mar –  scriveva il poeta Martì.

Il trambusto dei grandi effetti lo lasciamo un po’ da parte per occuparci dei ruscellini di montagna, ossia di quel piccolo gioiello compositivo, quasi un ponte di collegamento fra due brani, che è lo Scherzo dalla sonata op. 27, n.1.

La sua struttura, semplicissima, è un intreccio e una manipolazione di una singola idea, una triade (ossia un accordo costituito dalla nota detta fondamentale, dalla terza e dalla quinta) sviluppata con un saliscendi continuo sulla tastiera, un andirivieni di accordi, ordinati ritmicamente in un susseguirsi di terzine, (leggi tà-ta-ta) che motiva il discorso melodico e armonico.

Gli accordi minori, di settima, allo stato fondamentale e di rivolto, (ossia sfruttando diverse combinazioni delle stesse note) creano un mondo musicale omogeneo, ma mai statico. La parte finale del breve brano vede un leggero sfasamento ritmico tra le due mani, precisamente di 1/8, che rende palpitante il fluire sonoro.

Caratteristica peculiare di Beethoven, mutuata dal suo maestro Haydn, è quella di riuscire a impostare interi movimenti di sonate e di sinfonie, sfruttando piccolissime cellule ritmiche (si pensi al celeberrimo incipit della V sinfonia). Un piccolo disegno di crome, manipolato sapientemente, dischiude possibilità combinatorie differenti, mirando ad emozionare il fortunato fruitore che spesso, ignaro della logica che è alla base della creazione ne percepisce, come è giusto che sia, solamente la bellezza della ripetizione, una bellezza sorretta da un rigore formale, da una profonda conoscenza ( intesa come profonda sapienza, lontano dall’aziendale know-how ipersettoriale del mondo contemporaneo). L’Autore riempie intere pagine con musica sublime, semplice e profonda, forte dell’aver creato una struttura solida, un’architettura complessa. Non dimentichiamo che Beethoven ha sviluppato la cosiddetta Forma Sonata, facendone un capolavoro di perfezione formale. La bellezza di tre note, l’affermazione completa della Tonalità, pochi elementi che in mani meno esperte risulterebbero banali e noiosi, il genio di Bonn ne fa Arte sublime, ai massimi livelli concepiti e concepibili.

Il genio di Franz Liszt, riferendosi al secondo movimento della più celebre Sonata rinominata “Al chiaro di luna”, parente prossima del brano proposto, e come questa ufficialmente chiamata “Sonata quasi una fantasia”, ebbe a definirlo une fleur entre deux abîmes, e noi ci arroghiamo il diritto di parafrasarlo, definendo questo Scherzo un ponte tra gli abissi.
Il brano dà coerenza strutturale alla Sonata e mette in relazione il primo movimento con il bellissimo Adagio, con Espressione.

Abbiamo scelto l’interpretazione di Alfred Brendel che ci risulta ispirata e profonda.

Buon Ascolto

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